Il rispetto non si insegna nei manuali

Il rispetto non si insegna nei manuali

Ieri sera qualcuno mi ha fatto sentire piccola.

Con parole educate, di quelle che sembrano innocue ma che lasciano un graffio dentro.

Mi ha fatto capire, senza dirlo apertamente, che non sono “abbastanza”.

Che non ho i titoli giusti, che non appartengo a certi mondi.


Ho pianto.

E le lacrime scendono anche ora, mentre scrivo.

Perché vivo da sempre con quella sottile consapevolezza di non essere all’altezza, ma sentirselo dire con finto perbenismo, con quella gentilezza che sa di superiorità, fa male in un modo che non si può spiegare.

Eppure il rispetto non si insegna nei manuali: lo impari quando smetti di sentirti superiore.
Il bene non si misura in pubblicazioni, la sorellanza non si proclama in un post, l’empatia non è un concetto da studiare.

Sono gesti. Sguardi. Mani che si tendono.

Io il rispetto l’ho imparato altrove.

L’ho imparato guardando le mie amiche, donne meravigliose, che ieri sera, mentre cercavo di trattenere le lacrime, hanno ricucito la mia ferita con sorrisi verie carezze leggere sul cuore.

Non ho cornici dorate appese al muro, ma ho costruito un mondo con le mie mani.

E oggi, mentre scrivo, capisco che la vera grandezza è restare gentili anche quando qualcuno prova a farti sentire meno.

Chi confonde il sapere con la superiorità, non ha davvero imparato nulla.

Io continuo a scegliere la gentilezza, anche quando non mi viene restituita.

Perché alla fine la vita restituisce sempre quello che semini e io voglio continuare a seminare rispetto.

Scrivo per ricordarmi che non devo diventare diversa per essere accettata.

Scrivo per tutte le volte in cui mi sono sentita fuori posto.

Scrivo perché la dignità non si insegna, si vive.

E oggi, anche con gli occhi gonfi, scelgo di restare me stessa.

Alessandra

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